Quando una modifica del progetto diventa abuso edilizio

Molte volte durante la realizzazione delle opere ci si accorge di voler modificare e/o aggiungere/togliere alcuni elementi in discordanza con quanto presentato nel progetto originario.
La domanda che sorge spontanea è: "è possibile sanare queste modifiche entro la fine dei lavori oppure è necessario chiedere e ottenere un nuovo permesso per costruire?".

La risposta dipende dalle cosiddette "varianti".
La Cassazione, con la sentenza 34148/2018, chiarisce cosa si intende per variante, e cosa differenzia una variante essenziale da una leggera.
Variante = modificazioni qualitative o quantitative rispetto al progetto originario.
Per valutare la consistenza delle varianti sono diversi i fattori da prendere in considerazione: superficie coperta, volumetria, perimetro, distanze dalle proprietà vicine, caratteristiche funzionali e strutturali interne ed esterne. 
Ciò che ricade nella categoria variante essenziale è tutto ciò che risulta incompatibile con il disegno presentato quali:
- aumento cubatura o della superficie del solaio;
- modifica della destinazione d'uso  con alterazione degli standards;
- violazione della normativa antisismica;
- variazioni sostanziali dei parametri urbanistici ed edilizi.
Se si rientra in questa casistica sarà d'obbligo richiedere un nuovo permesso di costruzione per poter effettuare le modifiche senza incorrere in sanzioni pesanti e sfociare nell'abuso edilizio.




E' considerato variante minore tutto ciò che non va a modificare le volumetrie, i parametri urbanistici, le destinazioni d'uso, la categoria edilizia e non alterano la sagoma dell'immobile.
In questi casi è sufficienti comunicare tramite SCIA le modifiche da apportare senza bisogno di richiedere un nuovo permesso di costruzione.

Photo Credits: Google Imagine

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