Iva indetraibile su spese anomale fatte per lo studio in locazione.

Tutto parte da una richiesta fatta da un architetto che ha richiesto se fosse possibile detrarre l'IVA su lavori di ristrutturazione dell'ufficio in locazione in cui  esercita la sua attività di professionista. La Corte di Cassazione, con ordinanza dell'11 maggio 2022 ha respinto la richiesta.

E' impossibile e vietato la sottrazione dell'imposta sul valore aggiunto per i costi eccezionali e sproporzionati che vengono sostenuti per la ristrutturazione dello studio professionale usato in locazione. Infatti il conduttore ne avrebbe diritto solo nel caso in cui vengano fatti da parte sua dei lavori di ordinaria manutenzione.


Ma cosa è successo nel dettaglio?


Tutto ha inizio con un avviso emesso dall'Agenzia delle Entrate nei confronti di un professionista. Le spese straordinarie di ristrutturazione sostenute dal conduttore non sono spese di sua competenza pertanto l'Iva non è detraibile, questo il sunto dell'avviso.



Il consulente tecnico di parte accoglie il ricorso del contribuente dando la sentenza sopra riassunta  che poi sarà riformata anche in sede d'appello. In poche parole, i giudici, hanno espressamente dichiarato quanto le spese sostenute non fossero ricondotte ad   " un semplice adattamento dei locali alle esigenze connesse alla attività professionale del locatario", piuttosto sostanziandosi in una “ristrutturazione completa e radicale dell’immobile, comprensiva dei lavori di rimozione e rifacimento del manto di copertura dell’edificio, smantellamento e rimozione degli impianti tecnologici, demolizione e rimozione della pavimentazione interna ed esterna, delle vasche di raccolta e trattamento dei liquami e delle connesse tubazioni".


Ulteriori osservazioni

In materia di Iva l'inerenza del costo non può essere esclusa in base a un giudizio di congruità della spesa, salvo che l'amministrazione finanziaria ne dimostri la macroscopica antieconomicità ed essa rilevi quale indizio dell'assenza di connessione tra costo e l'attività d'impresa: in detta ipotesi, spetta al contribuente provare che la prestazione del bene o servizio è reale e inerente all'attività svolta. 

Qual ora sia l’amministrazione finanziaria a contestare la detrazione essa può farlo soltanto se l’antieconomicità sia assunta quale indizio di non veridicità della fattura (intesa come inesistenza dell’operazione o infedeltà del prezzo fatturato) oppure in difetto di inerenza dell’operazione con l’attività esercitata. Qualora il Fisco riesca a dimostrare l’antieconomicità manifesta e macroscopica, spetterà al contribuente dimostrare l’effettività e l’inerenza dell’operazione. 

Diversamente dal principio dell'inerenza dei costi che pronuncia l'esigenza di imputare i costi retti all'esercizio dell'attività imprenditoriale perché il giudizio sull'inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. Nel caso in cui l'amministrazione dovesse contestare il fatto che le spese sostenute dal contribuente siano non inerenti è onere di quest'ultimo provare che tali operazioni siano regolari per quanto concerne l'attività imprenditoriale. 



Photo Credits: PIXABAY

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