La compravendita annullata deve essere comunque registrata?

La nullità o l’annullabilità dell’atto di alienazione di un immobile non dispensa, in ogni caso, dall’effettuazione delle dovute formalità e dal pagamento delle relative imposte. L’invalidità dell’atto di compravendita di un immobile adibito a usi civici non incide sull’obbligo di chiederne la registrazione, né su quello di pagare la relativa imposta, ma costituisce soltanto titolo per ottenere la restituzione di quanto versato. È stato precisato dalla Corte di cassazione, con l’ordinanza 6834 del 19 marzo 2018, in seguito all'avviso di liquidazione dell'imposta di registro su un contratto di compravendita immobiliare, per l'annualità 2015, notificato a un contribuente. Egli impugnava prontamente in Commissione tributaria di primo grado, obiettando sia la decadenza quinquennale per la registrazione, sia che l'atto de quo non poteva produrre effetti giuridici in quanto l'immobile era soggetto ad uso civico. L'autorità giudiziaria accoglieva il ricorso del contribuente annullando l'avviso di liquidazione. 

A questo punto l'Amministrazione finanziaria è ricorsa in appello, sottolineando che il contribuente aveva venduto un bene immobile, ma che la registrazione di tale atto non era mai stata eseguita. L'Agenzia era venuta a conoscenza di tale scrittura perché presentata durante un contraddittorio con l'ufficio. La commissione tributaria regionale respingeva le richieste della parte ricorrente, confermando la decisione di primo grado. Secondo la Ctr i “beni immobili gravati da usi civici sono assimilabili ai beni demaniali e da ciò deriva l’inalienabilità, l'incommerciabilità e la non usucapibilità dei medesimi. Gli atti di trasferimento di beni gravati da usi civici, che non siano stati liberati attraverso i procedimenti di liquidazione previsti dalla Legge n. 1766/1927 e dalle Leggi regionali, sono viziati da nullità assoluta”.

Essendo incontestato che il bene immobile fosse gravato da usi civixi, esso è inalienabile. Conseguentemente l’atto dal quale scaturisce l’avviso di liquidazione, compravendita immobiliare di bene soggetto ad uso civico Comunale con scrittura privata, non produce alcun effetto giuridico in ordine al passaggio di proprietà”, quindi non può essere considerato un atto di compravendita immobiliare.

L'Agenzia delle Entrate propone il ricorso in Cassazione, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 38, Dpr 131/1986, in relazione all’articolo 360, n. 3, cpc. A giudizio della ricorrente, la nullità o l'annullabilità di un atto non avrebbe dispensato dall'obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta. La scrittura privata esibita dalla contribuente è dal punto di vista sostanziale e dal punto di vista formale un contratto di compravendita, ricorrendo tutti i presupposti di cui al codice civile. Seppur nullo e non inesistente, l'atto è comunque soggetto alle imposte, ai sensi dell'art. 38, secondo il quale la nullità o l'annullabilità dell'atto non dispensa dall'obbligo di chiedere la registrazione e di pagare la relativa imposta. L'imposta assolta a norma del comma 1 deve essere restituita, per la parte eccedente la misura fissa, quando l'atto sia dichiarato nullo o annullato, per causa non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato e non sia suscettibile di ratifica, convalida o conferma”.

A giudizio della suprema Corte il motivo è fondato e la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione regionale. In materia di imposta di registro, la nulli

tà o l'annullabilità dell'atto imponibile non incidono sull'obbligo di chiederne la registrazione, nè su quello, conseguente, di pagare la relativa imposta, ma costituiscono solo titolo per ottenere la restituzione dell'imposta assolta, subordinatamente, non alla mera declaratoria di invalidità dell'atto con sentenza passata in giudicato, ma all'accertata contemporanea sussistenza di due ulteriori condizioni, rappresentate dalla non imputabilità alle parti del vizio che ha determinato la caducazione dell'atto e dall'insuscettibilità di ratifica, convalida o conferma dello stesso. 

La Corte di legittimità aveva affermato che il riferimento della norma contenuta nel Dpr 131/1986, articolo 38, comma 2, agli atti dichiarati nulli o annullati, per causa non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato, che non siano suscettibili di ratifica, convalida o conferma, “connota una nozione di imputabilità che attiene a comportamenti non soltanto direttamente rivolti alla produzione dell'atto viziato, ma anche a quelli in cui l'invalidità possa essere facilmente prevedibile come conseguenza di circostanze già note”. Ne è esempio chi, ben sapendo di aver concesso un diritto di opzione a un soggetto, alieni a un terzo il medesimo bene, così correndo il rischio di concludere un negozio dall’esito incerto. Ancora, con sentenza n. 22606/2012 la Cassazione, nel premettere che i principi informatori in materia fiscale non corrispondono a quelli propri del settore prettamente civilistico, aveva specificato che “la nullità civilistica dell'atto non incide sull'obbligazione tributaria dovuta dal comproprietario che ha sottoscritto l'atto, ma al più sulla ripetizione delle somme relative”.

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